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Distribuzione parallela dei farmaci, le norme vanno riscritte

Euro banknotes and pills. Concept of healthcare.

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L’incremento della spesa sanitaria rappresenterà un elemento cruciale per il Governo. Questa tematica è di particolare rilevanza in tutti i paesi industrializzati ed è ancora più attuale in questi giorni dove il nostro sistema sanitario soffre a causa dell’incremento esponenziale dei contagi da Covid-19 e si ritrova vulnerabile, alla luce dei continui tagli alla Sanità durante le scorse legislature. Allo stesso tempo, l’equilibrio tra un livello adeguato di assistenza sanitaria e il contenimento della spesa, anche alla luce di politiche di bilancio imposte dal rispetto di vincoli europei, saranno temi sempre più attuali nelle agende dei prossimi governi.

In questo contesto, l’importazione di medicinali rappresenta un’opportunità da cogliere a costo zero, perché creerebbe posti di lavoro qualificati e opportunità di acquisto vantaggiose per il Servizio sanitario nazionale, ma anche per categorie oggi sotto pressione come grossisti farmaceutici e farmacie.

L’import di medicinali si basa sul principio di libera circolazione delle merci all’interno dello Spazio Economico Europeo, che permette lo sviluppo di un’attività commerciale basata sull’arbitraggio, ovvero sull’acquisto di un bene su un mercato per rivenderlo su un altro, beneficiando delle differenze di prezzo. Ciò è reso possibile dalla struttura del mercato farmaceutico europeo, dove le aziende farmaceutiche negoziano il prezzo con le agenzie regolatorie nazionali e applicano prezzi diversi in ogni stato membro dell’Ue. In Italia, l’attività è regolata dal DM del 29 Agosto del 1997: l’Aifa rilascia un’Autorizzazione all’Importazione Parallela (Aip) a seguito di ogni singola richiesta di un importatore parallelo, certificando l’assoluta identicità del prodotto. Dopodiché le aziende importatrici si impegnano a riconfezionare il prodotto in apposite officine autorizzate da Aifa, in regime di Good Manufacturing Practices.

I vantaggi che questo tipo di mercato offre – come ribadito dai trattati UE – sono duplici: diretti ovvero associati alla vendita del prodotto ad un prezzo inferiore dell’originator e indiretti: ottenuti grazie ad un aumento della concorrenza che produce un incremento di marginalità per i farmacisti, un aumento del livello occupazionale, un maggiore dinamismo e una minore compartimentazione dei singoli mercati farmaceutici europei.

È bene sottolineare da un lato che l’importazione parallela rappresenta l’unica forma di concorrenza intra brand, come ribadito dall’art. 28 del Trattato Ce., dall’altro che la Corte di Giustizia Europea ha condannato misure statali che limitavano senza giustificato motivo importazioni parallele di medicinali (Comunicazione della Commissione Europe n. 839/2003).

Purtroppo, in Italia, il settore è in una fase di completo stallo. A partire dal biennio 2017-2018 l’Aifa ha cambiato orientamento, applicando ai famaci importati di fascia A la disciplina relativa ai farmaci generici.
Oltre a non generare risparmi per il Ssn, l’attribuzione del prezzo del farmaco generico ad ogni medicinale importato ha causato la paralisi del mercato, con la drastica riduzione dei prodotti importabili e una forte contrazione del mercato. Le difficoltà che le aziende del nostro settore stanno affrontando a causa di questo cambio interpretativo sono enormi. Eppure, secondo le nostre stime, basate su dati provenienti dagli altri Paesi UE e dallo storico precedente al 2017, una definizione chiara di “farmaco importato”, una semplificazione delle procedure e un meccanismo di pagamento a scaglioni con un versamento di un claw back, permetterebbero di ottenere, nel prossimo triennio, contributi pari a 4,2 milioni di euro a favore del Fondo Sanitario Nazionale. Si tratta di un contributo iniziale calcolato su una proiezione del mercato, attualmente sottodimensionato, per via dell’incertezza normativa. In questo modo, l’Italia avvierebbe un processo virtuoso su modello di altri Paesi europei che hanno adottato una più chiara regolamentazione.
Ad esempio, in Germania sono stati ottenuti – nel 2018 – risparmi diretti ed indiretti pari a 2.802 milioni; in Polonia, dove la riorganizzazione legislativa è recente, i risparmi – in otto anni (2010-2018) – ammontano a 278 milioni.

A fronte di ciò, ribadiamo il nostro impegno a collaborare con tutti gli attori del sistema, inclusa Aifa per raggiungere una riforma equilibrata che permetta un risparmio diretto per il Sistema Sanitario e – al tempo stesso – delle norme che permettano alle nostre aziende di tornare a lavorare e ad investire dopo anni di blocco del settore. La nostra Associazione ha chiesto un incontro ad Aifa, ma purtroppo non è stata ancora avviata alcuna trattativa.
La nostra volontà è quella che l’importazione di medicinali rappresenti un’attività al servizio del Paese in quanto mezzo per ottenere una supply chain farmaceutica più moderna e un migliore equilibrio economico di sistema, che è nella mission stessa dell’Agenzia.

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